"Se la statua era di bronzo, allora 
di sicuro non c'e' piu'" - dici -
dall'alto della tua esperienza di storica dell'arte
e avvezza agli scempi di questo secolo e dei secoli passati
e dei 'sacchi' antichi e moderni.

"...Ero un tronco d'acero, sbozzato da una scure frettolosa,
       prima del regno di Numa, povero Dio d'una grata citta',
ma a te, Mamurio, cesellatore della mia bronzea effigie,
       che la terra osca non guasti le mani prodigiose,
tu sei riuscito a fondermi in si' plasmabili forme.
Unica e' l'opera, ma per essa molteplice e' il plauso. 
Properzio - libro IV,2"



Ti ho detto: deve/doveva esserci una statua
di Vertumno al foro romano dove il Vicus Tuscus
(la via che dal foro portava nella valle del Circo Massimo)
 si immetteva nel foro

" ...Ma poiché io, che son uno, in ogni forma mi mutavo,
 da questo la lingua dei padri il nome mi diede.
Ma tu, o Roma, i miei Toschi premiasti
 (ancor oggi da qui il Vico Tusco ha nome),              50
quando Licomede giunse con armi amiche
 a sbaragliare le schiere sabine del feroce Tazio.
lo vidi le schiere vacillare e cadere le armi
 ed il nemico volger le terga in vergognosa fuga.
Ma tu concedi, o Padre degli dèi, che in eterno la folla 55
 dei togati romani continui a passare ai miei piedi."




Tu hai risposto: ma il Foro e' grande!
Io ti chiedo di recuperare il luogo geometrico
in cui la statua del dio del cesellatore Mamurio era, 
- se non c'e' piu'.

La statua del dio di cui Properzio parla (si', senz'altro) a Brodskij
il dio che Brodskij riconosce in una statua a "latitudini
per lui straniere" e dal quale impara le virtu'
imitazione, mimetismo
e che gli da' spunto per regalare a noi dal 1990 in poi
accenni preziosi 
di sentimento del passato, di sentimento del futuro.

"... 
III
...La strada che portava a quel luogo passava, ovviamente, attraverso nuvole
che per il colore ricordavano ora il gesso ora il marmo
a tal punto che, mi sembrò, tu avevi in mente
proprio questo: contorni dilavati, caos,
rovine del mondo.  Ma questo avrebbe significato
il futuro, mentre tu esistevi già. 
...
IV
Aveva rinfrescato un po'.  Cominciarono a venirci incontro passanti sempre più frequenti. Alcuni accennavano un saluto, altri guardavano dall'altra parte,e si vedeva soltanto il  profilo. 
Erano tutti, comunque, scuri di capelli.
Ognuno aveva alle spalle una prospettiva impeccabile, 
figli compresi.  Quanto ai vecchi, la loro 
sembrava arrotolarsi - conchiglia di chiocciola. 
E veramente c'era ovunque molto più passato 
che presente.  Più millenni 
che levigate automobili.  Uomini e sculture 
non aumentavano né diminuivano 
in misura del loro avvicinarsi e allontanarsi 
lasciando intendere che erano grandezze costanti.
...
XIII

D'inverno il globo si appiattisce mentalmente.  Le latitudini, specialmente al crepuscolo, si accavallano.
Le Alpi non le ostacolano.  Odore di glaciazione. 
Odore, aggiungerei, di neo e paleolitico.
Più alla buona: di futuro.  Giacché la glaciazione
è una categoria del futuro che a sua volta è il tempo 
in cui non ami più nessuno, 
neanche te stesso.  In cui ti vesti senza preoccuparti 
che potrai spogliarti di colpo nella stanza 
di chissà chi, e in cui non puoi 
uscire di casa con la sola camicia azzurra addosso, 
e tanto meno nudo.  Da te ho imparato molto, 
ma non questo.  In un certo senso non c'è nessuno 
nel futuro; in un certo senso 
nessuno ci è caro nel futuro.
Là, certo, stalattiti e morene balenano ovunque 
come louvres e grattacieli dai contorni incerti.
Certo, qualcuno lì si muove: mammut 
o scarabei mutanti di alluminio, alcuni con gli sci. 
Ma tu eri il dio dei subtropici, con diritto di controllo sul bosco misto e sulla zona del cernoziom: su questa patria del passato. 
Nel futuro il passato non esiste e la’
 tu non hai nulla da fare.  D'inverno avanza ammantando 
i contrafforti delle Alpi, i dolci Appennini,
afferrando ora una radura con il fiore, ora soltanto
qualcosa di sempreverde: una magnolia, un ramo di alloro
e non solo d'inverno.  Il futuro 
comincia sempre quando qualcuno muore.
In specie un uomo.  Se un dio, a ragione maggiore. "

Ti chiedo di tracciare con me la via che tento di tracciare io 
fatta di quella che traccia Vertumno, 
che traccia Properzio, 
che traccia Brodskij.
che traccia Rilke

una traccia verso la formulazione 
di un nuovo sentimento del futuro
che prenda avvio proprio 

dal foro romano;
proprio da loro.

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