Il modello multimediale della mente

di Enrico Cocuccioni

Quali "perturbazioni" reciproche è possibile rilevare tra le odierne procedure creative del Media-Design e alcune tra le più avanzate metodologie applicabili al campo della comunicazione, elaborate nell'ambito di una concezione sistemica e cibernetica della mente che in gran parte è ispirata all'opera dell'antropologo Gregory Bateson?

Il testo che segue è la trascrizione di una mia conversazione con Laura Quintarelli, master e trainer di PNL, esperta in formazione aziendale nel campo della comunicazione e delle risorse umane, sulle possibili applicazioni in chiave metodologica della Programmazione Neurolinguistica (*) a quelle discipline del progetto che costituiscono materia di studio per gli esperti in linguaggi audiovisivi e multimediali.

EC: Mi sembra di poter rilevare singolari punti di contatto tra le metodologie della PNL e alcune procedure adottate nel campo del design multimediale. Proverò qui a passare rapidamente in rassegna qualche esempio. Potrei cominciare da un tema tra i più noti, quello dei canali sensoriali dominanti, in cui si tratta delle modalità visive, auditive e cinestetiche mediante le quali organizziamo le mappe mentali delle nostre esperienze: è facile trovare qui una similitudine con le tre colonne (video, audio, azioni) di cui si compone in genere lo storyboard di uno spot o di una sigla animata(1).

In un libro sulla "ristrutturazione" (reframing) troviamo, inoltre, uno "schema di creazione di una nuova parte" dove si fa esplicito riferimento ad una sequenza di tipo cinematografico (2). Del resto il concetto stesso di reframing chiama in causa una re-inquadratura del significato di un evento che forse avviene sul piano visivo ancor prima di tradursi in una riformulazione verbale: un cambiamento, insomma, di cornice percettiva.

Un riferimento esplicito alle tecniche di progettazione multimediale può essere inoltre indicato, ad esempio, nel modello della strategia di storyboarding attribuita a Walt Disney, estratta e riformulata da Robert Dilts (3), dove si parla appunto di quelle sceneggiature visive, basate com'è noto sul disegno di una sequenza d'inquadrature, usate nel progetto di un film d'animazione.

C'è poi un'ampia gamma di riferimenti più o meno espliciti alle tecniche videografiche: dalla ricerca indotta delle distinzioni submodali pertinenti e della timeline personale (tra l'altro il concetto di "linea del tempo" è molto usato anche dagli esperti in computer animation ), fino agli schemi di visualizzazione guidata, simili ad effetti speciali televisivi, adottati nella cura rapida di coazioni e fobie.

Sembra dunque che tra i modelli neurolinguistici e le procedure creative usate in ambito audiovisivo e multimediale esistano alcune curiose analogie. In base alla sua esperienza diretta nell'uso delle metodologie della PNL, può suggerirmi ulteriori esempi o indicazioni teoriche per approfondire la ricerca in questa direzione?

LQ: Io intanto le posso confermare la similitudine. Tanto è vero che molto spesso, quando spieghiamo in aula o anche ai nostri clienti privati cosa devono fare con le loro rappresentazioni, li facciamo calare nel ruolo di un regista cinematografico, perché si tratta proprio di lavorare con le immagini interne come farebbe un regista, per cambiarne il significato.

Gli eventuali approfondimenti non sono direttamente collegati all'argomento, perché non esiste, o almeno non ne sono a conoscenza, uno o più testi che parlino proprio di connessioni tra la Programmazione Neurolinguistica e l'ambito specifico della progettazione multimediale o della sceneggiatura cinematografica.

Quello che le posso dire è che esiste una evidente correlazione, per esempio, fra la costruzione e l'uso in campo terapeutico delle metafore e le modalità di elaborazione dello storyboard per un film. Un possibile riferimento è il libro di David Gordon dedicato appunto alle metafore terapeutiche (4), tanto è vero che l'autore è stato anche sceneggiatore cinematografico. Quindi tutta la parte che riguarda l'utilizzo del linguaggio a livello metaforico è sicuramente collegata alla creazione di una storia, di uno storyboard o di un film.

Molti collegamenti ci sono, a mio avviso, nell'uso delle sottomodalità. In italiano abbiamo, in particolare, un paio di libri che trattano specificamente questo argomento:Usare il cervello per cambiare, di Richard Bandler (5), e Guida per l'esperto alle submodalità (6). In questi libri troviamo molti riferimenti alle possibili manipolazioni di un'immagine, o di singole componenti qualitative di un'immagine (luminosità, formato, dislocazione ecc.), simili a quelle realizzate con il trattamento elettronico delle immagini televisive o con le tecniche digitali della videografica.

Molti di questi usi delle sottomodalità appartengono alla pratica, dipendono cioè dalle caratteristiche del singolo più che da regole generalizzabili: lei può rendersi conto di come ciascuno organizza le sue rappresentazioni interne per creare il proprio film dell'orrore o la sua commedia "telefoni bianchi" in funzione proprio di un'analisi specifica sulle sottomodalità del simbolo.

Ci sono tecniche come la "scozzata" - così è tradotta in italiano - che poi sarebbe lo swish: nei testi tradotti in italiano si parla soprattutto dello swish visivo (mentre esistono anche versioni auditive e cinestetiche). Si tratta appunto di procedimenti facilmente collegabili a tecniche cinematografiche, visive o auditive che siano.

C'è poi anche lo scramble: un'altra tecnica in cui s'immagina uno schermo che si fa a pezzi per lasciar venire fuori quello che c'è dietro (7). Insomma, ne esistono diverse di tecniche che possono essere paragonate ad uno stile simile. Molto secondo me da fare c'è anche con i metaprogrammi che sono un altro argomento poco trattato nei libri tradotti finora in italiano (8). Una grossa parte dei metaprogrammi verte sull'associazione e la dissociazione, il che significa essere più o meno dentro l'immagine: essere protagonisti della scena o esserne fuori. Ma ci sono anche tutta una serie di filtri dell'attenzione che potrebbero essere paragonati a trucchi elettronici o cinematografici...

EC: Ma già quando si chiede a una persona, ad esempio: "guardati dentro e prova a vedere quale immagine ti mostra la tua mente" si lascia intendere, come presupposto implicito, che ci sia una qualche volontà d'indurre nell'interlocutore una sorta di sdoppiamento...

LQ: Normalmente si cerca di lasciar libero chi si ha di fronte: gli si chiede solo di dare un resoconto della sua rappresentazione mentale, di evitare le domande che potrebbero influenzarlo. Perché se io, ad esempio, chiedo al mio interlocutore: "Come ti vedi in questa situazione", lo sto inducendo a guardarsi dall'esterno. Se invece gli chiedo "Come hai recuperato?", "Dove sei?", "Sei dentro o sei fuori"? Lascio libero l'altro di darmi la sua prima rappresentazione, per quanto possibile non influenzata dal mio linguaggio, quindi si tende ad esser neutri...

EC: Però una mia curiosità riguarda proprio il rapporto tra lo sviluppo delle tecnologie e questi modelli, perché se io chiedo a qualcuno, a proposito di una sua immagine mentale, se essa gli appare come una diapositiva, un film o un ologramma, assumo come presupposto che ci siamo ormai fatti un'idea ben precisa di questi "formati" artificiali e che per poter comprendere la domanda il nostro destinatario li debba conoscere, avendone in qualche modo esperito e interiorizzato le caratteristiche, al punto da poter operare tali distinzioni specifiche.

Così come chiedergli se sogna in bianco e nero o a colori, influenza un po' la scelta delle risposte possibili: il nostro interlocutore potrebbe tra l'altro non essersi mai posto un simile problema. Mi sembra che proprio Richard Bandler abbia detto qualcosa del genere: "voi non sapete fare queste distinzioni semplicemente perché nessuno ve l'ha mai chiesto". In qualche misura ciò significa insegnare a cogliere delle differenze: probabilmente la domanda non è del tutto innocente perché comunque...

LQ: No, infatti: qualsiasi domanda è comunque manipolativa. Lei sa che comunque l'osservatore modifica ciò che osserva, già semplicemente nell'atto di osservare. Pensi, ad esempio, a come questo tema è stato affrontato da Heinz von Foerster nell'ambito della teoria dei sistemi (9). Quindi è ovvio che spesso le domande che noi facciamo provocano dei cambiamenti nell'interlocutore. Faccio un esempio: se una persona dice: "Mi guardo dall'esterno", chiederle se l'immagine è in movimento o ferma implica già, come diceva lei, una distinzione riduttiva, perché potrebbe esserci una terza possibilità, ovvero può essere, ad esempio, sia in movimento che ferma. Oppure, noi stiamo presupponendo che ci sia un'unica immagine, invece potrebbero esserci più immagini.

Quindi quello che si fa di solito è lasciar che l'altro descriva ciò che vede e noi, di conseguenza, ci facciamo un'idea delle sottomodalità, per fare un lavoro il più possibile pulito. Però sappiamo di avere comunque un'influenza sull'altro.

EC: È interessante notare una certa sincronicità tra lo sviluppo delle concezioni "sistemiche" e cibernetiche della mente, cui per molti versi si richiamano le metodologie della PNL, e la parallela espansione delle tecnologie informatiche... Tra l'altro, quasi tutto ciò di cui stiamo parlando ha avuto origine più o meno negli stessi luoghi: penso al ruolo chiave degli Stati Uniti nel portare avanti la ricerca in questi settori. C'è poi un ulteriore percorso storico abbastanza sincronico, nel senso che verso la fine degli anni '70 facevano la loro comparsa nelle reti televisive quei sistemi di missaggio digitali che consentivano i primi effetti di Squeeze Zoom, gli schermi multipli, i voltapagina, il Chroma Key (10).

Cominciava così ad affermarsi lo stile veloce del videoclip musicale e della grafica computerizzata. Senza questo contesto, forse certe tecniche di visualizzazione creativa introdotte dalla PNL negli anni '80 non sarebbero state neppure concepibili: se la gente, nel frattempo, non avesse avuto la possibilità di abituarsi ai nuovi ritmi veloci delle transizioni tra un'immagine e l'altra, ovvero agli effetti elettronici generati, appunto, da queste tecniche di manipolazione digitale dei segnali televisivi analogici. Quindi, un'altra domanda chiave che vorrei farle, riguarda proprio il contesto ecologico di chi opera nel mio campo. Diciamo pure...un problema etico.

LQ: Si, d'accordo.

EC: Ebbene: mi pongo dunque un problema etico che coinvolge in modo particolare chi, come me, opera nel settore della grafica televisiva. A volte si pensa erroneamente che il linguaggio non verbale o l'aspetto grafico di un messaggio televisivo siano fattori periferici o puramente decorativi (questa è, del resto, una diffusa sottovalutazione del ruolo dei messaggi non verbali che ogni esperto in comunicazione visiva incontra spesso nel suo lavoro). Mentre la PNL ci mostra in modo assai convincente che tali aspetti, per così dire "analogici", possono influire in modo determinante sugli effetti concreti dell'atto comunicativo.

Qual è la sua opinione di esperta in tecniche ipnotiche circa gli effetti dell'immagine televisiva, soprattutto quando l'emittente non è consapevole di ciò che sta facendo con la mente del telespettatore, ad esempio, nel momento in cui gli invia delle rapide sequenze di suoni e immagini in movimento?

LQ: Io non sono un'esperta di tecniche televisive, quindi le posso dire quello che so riguardo l'influenza della comunicazione non verbale e paraverbale, nonché di qualsiasi messaggio che possa essere solo visivo o apparentemente periferico. Non lo insegna solo la PNL ma, fra l'altro, si tratta comunque di considerazioni a cui sono giunti da tempo esperti di comunicazione della Scuola di Palo Alto (11), e queste riguardano appunto la maggiore influenza proprio di quei segnali che apparentemente sono periferici.

Mi spiego meglio: se una persona è concentrata...è fortemente concentrata sul mio messaggio verbale...cioè mi sta ascoltando, ascolta le mie parole con grande attenzione, ha una valenza estremamente più forte a livello inconscio - perché ci va direttamente nell'inconscio - qualsiasi messaggio che passa per una canale diverso dalle parole. Quindi, se la persona è concentrata sulle parole e io nello stesso momento faccio un gesto... quel gesto ha una valenza fortissima a livello d'influenza. E questo proprio perché passa direttamente nell'inconscio.

Sappiamo che negli anni Cinquanta e Sessanta negli Stati Uniti sono stati fatti esperimenti interessanti sulla capacità persuasiva occulta utilizzando dei fotogrammi (12) ...il tema è controverso: non si capisce se sono veramente avvenuti questi fatti o se sono leggende metropolitane, credo si possa comunque ritenere probabile una via di mezzo tra queste due ipotesi. Anche di recente, c'è chi ha tentato di riprendere il filo di queste ricerche utilizzando le possibilità del computer per sperimentare alcuni cosiddetti "metaprogrammi informatici" basati sulla percezione subliminale (13).

In qualche modo, dunque, possiamo affermare che sia stata già abbastanza sperimentata la valenza di qualsiasi messaggio apparentemente periferico o di soglia. Quindi, l'attenzione per questi aspetti dovrebbe essere addirittura maggiore perché tutto ciò che è periferico è fortemente influenzante per chi osserva.

EC: Negli ultimi anni ho notato che c'è stato quasi un abbandono, per certi versi, dello studio degli effetti, del potere d'influenza dei media, perché... insomma, si dà per scontato che ci siano, ma si pensa anche che tali effetti vengano, in qualche modo, bilanciati da altri fattori, per cui sembra che non ci si debba preoccupare troppo... (14).

Nello stesso tempo, però, esistono alcuni testi interessanti che hanno di recente riproposto il tema dell'influenza dei media in generale sulla nostra mente. Si tratta di proposte teoriche che sviluppano alcune ben note intuizioni di McLuhan in questo campo: penso alle ipotesi relative, ad esempio, all'incidenza del medium sul messaggio (15).

Il tema diventa allora quello dei brainframes, ovvero delle "inquadrature mentali" indotte dal prevalere di una determinata tecnologia (16). Esistono poi considerazioni ulteriori sul potere di fascinazione ipnotica della televisione (17). Indubbiamente la televisione ha talora il potere di catturare lo sguardo e mantenerlo "incollato" allo schermo. Credo di aver letto qualcosa a questo proposito in un libro di Richard Bandler, non ricordo dove, in cui si allude con una battuta a come sia facile suggerire qualcosa ad un bambino per indurlo a fare o a credere qualcosa mentre sta guardando i cartoni animati: è un po' come se stesse in trance...

Ora questa osservazione, pur così evidente, è tenuta un po' in disparte nella consapevolezza di chi opera nei media o discute sui contenuti televisivi. Proprio perché si ritiene che i contenuti espliciti, in quanto tali, siano sempre più importanti di ogni altro aspetto. Sembra a volte più un dibattito tra letterati e ideologi che tra esperti di linguaggi audiovisuali. In questo quadro, ad esempio, la grafica televisiva non può che apparire come un semplice abbellimento esteriore del messaggio, un gioco del tutto superficiale e pressoché irrilevante sul piano propriamente comunicativo...

Quindi la conseguenza pratica di quello che lei mi dice riguarda alcuni possibili risvolti che potrebbero essere interessanti soprattutto nel campo delle applicazioni legate alla formazione di chi opera nei canali della comunicazione mediatica.

LQ: Sì, certo. Poi, comunque, riguardo alla valenza ipnotica del televisore, credo che sia abbastanza facile comprenderne il perché: la trance non è altro che una modifica dello stato percettivo. Ogni volta che noi ci immergiamo e spostiamo tutta la nostra attenzione su qualcosa di diverso dal momento che stiamo vivendo, siamo in uno stato di trance più o meno leggero. Quindi ogni volta che guardiamo la televisione con attenzione siamo in uno stato di trance. A diversi livelli, ovviamente, d'intensità.

Un film visto al cinema, con una grossa partecipazione, è evidente che rappresenta un fortissimo stato di trance. Perché c'è proprio lo spostamento quasi all'interno di ciò che avviene sullo schermo. Col televisore, ovviamente, viste le dimensioni del monitor e viste anche le caratteristiche ambientali delle più tipiche modalità di fruizione, quali la luce accesa, persone in casa che si muovono, questa condizione si riduce. Per i bambini no: i bambini a volte sono completamente in trance davanti al televisore.

EC: Quindi la PNL potrebbe insegnare a chi opera nei canali della comunicazione di massa ad utilizzare in modo più consapevole gli aspetti, per così dire, sottomodali della comunicazione. Si potrebbero ad esempio concepire forme nuove di "allenamento" come avviene nello sport: esercizi e tecniche di addestramento per il regista televisivo, per il grafico multimediale, per il giornalista che conduce una trasmissione...

LQ: Quello che le posso dire con certezza è che può essere interessante lavorare concretamente, su se stessi, con le posizioni percettive, tanto più se ci si occupa, ad esempio, della sceneggiatura di un film: essere in grado di far spostare lo spettatore come posizione percettiva nei vari personaggi chiave. Il che poi è qualcosa che in qualche modo si fa già.

Non so se lei ricorda il film Jackie Brown di Quentin Tarantino, in cui c'è proprio uno spostamento del punto di vista da un personaggio all'altro. Però ciò si può fare in modo ancora più raffinato, perché ci si può mettere con la telecamera dentro il personaggio usando la "soggettiva" in modi originali, magari senza mai far vedere il personaggio. Quindi lo studio delle posizioni percettive è un buon modo per arricchire le sequenze narrative.

E poi le sottomodalità, per esempio: ci sono certe caratteristiche dell'immagine e del suono che di per sé rappresentano esattamente le caratteristiche che la mente usa per rendere qualcosa spaventoso oppure piacevole. E quindi sarebbe anche interessante utilizzarle consapevolmente in questo senso...

EC: Quindi, un possibile sviluppo della ricerca potrebbe essere quello di esaminare in modo più sistematico queste implicazioni di cui lei mi ha offerto esempi che trovo molto convincenti. Considero dunque questo incontro, forse, come uno dei primi tentativi in assoluto di trovare un rapporto diretto tra PNL e progettualità audiovisiva o multimediale.

LQ: Certo, fra l'altro questo è anche un nostro interesse dato che, come Istituto (18), ci occupiamo di produzione multimediale e abbiamo già fatto dei passi in questo senso. Ma non sono soltanto le tecniche di PNL che possono essere usate per le applicazioni multimediali, può essere la struttura didattica della PNL in quanto tale, anche a prescindere dal contenuto: ci sono modi di apprendere che la PNL ritiene essere efficaci, oppure delle metodologie di apprendimento che possono essere utili, che possono essere applicate allo studio del multimediale come a qualsiasi altro tipo di studio. Quindi, per esempio, lo sviluppo della creatività, esercizi per la stimolazione della creatività che possono poi essere utilizzati nello studio e nell'applicazione della creatività anche al campo multimediale, quindi, ripeto: a prescindere dal contenuto.

EC: Certo, la struttura didattica. E sarebbe appunto una delle molte possibili applicazioni...

LQ: Ma anche il modellamento...le dirò di più, che per esempio sapere e conoscere qual è la struttura mentale di un esperto multimediale riconosciuto come il migliore, o come, diciamo, il più creativo, il più interessante o il più innovativo... saper fare un modellamento sulla struttura mentale di questa persona e aiutare giovani a "modellarsi" in funzione di quel modello, appunto, questa potrebbe essere un'altra applicazione interessante, ad esempio...che poi è il motivo per cui la PNL è nata: il modellamento (19).

 

Roma, 11 gennaio 1999


Note bibliografiche

(1) - Per conoscere le premesse epistemologiche del lavoro di Gregory Bateson si può leggere il libro Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1977. Per un primo approccio al tema dei canali sensoriali (vedi Sistema rappresentazionale nel glossario) in rapporto ai processi cognitivi e ai metodi della PNL si può partire da un testo che, seppure ormai "storico", rappresenta pur sempre la prima formulazioni sistematica a più voci di tale metodologia: Robert Dilts, John Grinder, Richard Bandler, Leslie C. Bandler, Judith DeLozier, Programmazione Neurolinguistica. Lo studio della struttura dell'esperienza soggettiva (1980), Astrolabio, Roma 1982.

(2) - Richard Bandler, John Grinder (1982), Reframing, trad.it. La Ristrutturazione. La Programmazione Neurolinguistica e la trasformazione del significato, Astrolabio, Roma 1983.

(3) - Cfr. Robert Dilts,Walt Disney. Strategies of Genius, nonché Walt Disney. Planning Strategy, © Santa Cruz, CA. 1996. Si veda anche il testo Leadership e visione creativa, Guerini e Associati, Milano 1998. Dello stesso autore, scritto insieme a Tim Hallbom e Suzi Smith, è stato di recente tradotto in italiano il libro Convinzioni, Astrolabio, Roma 1998.

(4) - David Gordon, Metafore terapeutiche, Astrolabio, Roma 1992.

(5) - Richard Bandler,Usare il cervello per cambiare, Astrolabio, Roma 1986.

(6) - Richard Bandler, Will MacDonald (1988), Guida per l'esperto alle submodalità, Astrolabio, Roma 1991.

(7) - Un breve riferimento alla tecnica dello scramble si trova in Steve Andreas, Connirae Andreas, Cambiare la mente, Astrolabio, 1993.

(8) - Alcuni accenni in chiave divulgativa al tema dei metaprogrammi si trovano in Antony Robbins, Come ottenere il meglio da sé e dagli altri, Bompiani, Milano 1987.

(9) - Heinz von Foerster (1971), Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma 1987.

(10) - Vedi definizioni nel glossario. Per approfondire la conoscenza di questi aspetti tecnici: Mario Bernardo, Giovanni Blumthaler, I trucchi e gli effetti speciali fotografici ed elettronici, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1990.

(11) - Per un primo approfondimento della concezione pragmatico-relazionale delle interazioni linguistiche che tiene conto degli aspetti non verbali e contestuali dell'atto comunicativo si veda il fondamentale lavoro di P. Watzlawick, J. Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971. Si può far riferimento anche a un testo più recente (1984) che offre un riesame aggiornato di tale concezione: Edmond Marc, Dominique Picard, La Scuola di Palo Alto, Red Edizioni, Como 1996.

(12) - Un riferimento d'obbligo sul controverso tema di questi esperimenti è quel ben noto saggio di denuncia che, sebbene ormai un po' datato, ha dato pur sempre il via in chiave giornalistico-divulgativa alle annose discussioni sull'argomento: Vance Packard, I persuasori occulti, Einaudi, Torino 1958.

(13) - L'ipotesi di un possibile utilizzo di alcuni cosiddetti "metaprogrammi informatici" allo scopo di ottenere presunti messaggi subliminali di nuovo tipo (inseriti nei programmi e nelle interfacce grafiche del computer) si trova nel libro di Vahn Rhopa, Nuovi test psicologici, Milano, Lupetti 1998.

(14) - Una ricognizione sul tema degli effetti d'influenza dei media (nonché un riesame equilibrato dell'annoso dibattito ideologico cui si presta l'argomento), è stata tentata di recente da Nicoletta Cavazza,Comunicazione e persuasione, Il Mulino, Bologna 1997.

(15) - Cfr. Marshall McLuhan (1964), Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967. Nonché il famoso "manifesto" divulgativo realizzato dal grande massmediologo insieme ad un noto designer: Marshall McLuhan, Quentin Fiore, Il medium è il massaggio, 1967, Feltrinelli, Milano 1968.

(16) - Derrick de Kerckhove, (1991), Brainframes. Mente, tecnologia, mercato. Baskerville, Bologna 1993.

(17) - Il tema del potere ipnotico della TV è stato riproposto di recente in modo argomentato e credibile da Anna Oliverio Ferraris, Grammatica televisiva. Pro e contro la TV, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997. Per un esame dei modi originali con cui la PNL affronta il tema dell'ipnosi: Richard Bandler, John Grinder, Trance-formation (1981), trad.it. Ipnosi e trasformazione. La programmazione neurolinguistica e la struttura dell'ipnosi, Astrolabio, Roma 1983.

(18) - Fedro Istituto di Programmazione Neuro Linguistica. Sito Web: http://www.fedro.it

(19) - Vedi definizione nel glossario. Per ripercorrere le fasi iniziali degli studi con cui la PNL ha introdotto il concetto e le pratiche di modellamento cfr. Richard Bandler, John Grinder, La struttura della magia (1975), Astrolabio, Roma 1981.

Glossario

(*)Programmazione NeuroLinguistica (PNL): Disciplina con molteplici ascendenze e applicazioni, nata in USA negli anni Settanta per opera di un matematico (Richard Bandler) e di un linguista (John Grinder), con l'intento di studiare e rendere espliciti i modelli in base ai quali ogni singolo soggetto organizza, seppure in modi non sempre coscienti bensì legati anche ad automatismi divenuti talora inconsapevoli, la struttura della propria esperienza secondo determinati schemi di comportamento sensorialmente orientati.

Chroma Key: Chiave cromatica, ovvero intarsio elettronico di un segnale video in un altro. L'effetto è ottenuto utilizzando appunto come chiave un colore determinato: ciò consente, ad esempio, di sovrapporre una figura ad uno sfondo qualsiasi ripreso con un'altra telecamera.

Metaprogramma: Si definisce con questo termine uno schema a priori, tipico e ricorrente, il quale sovraintende ad una molteplicità di modelli comportamentali e di filtri percettivi, al punto da caratterizzare, per così dire, l'atteggiamento di fondo e lo stile operativo di un individuo. In PNL sono stati messi finora a punto finora una ventina di metaprogrammi di base, "cioé di strutture molto astatte e totalmente prive di contenuto, che regolano la formazione dei programmi particolari. Esempi di metaprogrammi sono: la direzione (verso, via da); la modalità (attivo, passivo); l'operatore modale (posso, devo, non posso)..."(Cfr. Mauro Scardovelli,Feedback e cambiamento, Edizioni Borla, Roma 1998, p.57).

Modellamento: La PNL nasce come studio della struttura di base dell'esperienza soggettiva e definisce come "modelli" gli schemi percettivo-cognitivi e le sequenze operative che orientano e organizzano il comportamento di una persona. Di qui il processo di "modellamento" che consiste nell'individuare con precisione tali modelli, intesi appunto come quelle tattiche specifiche che consentono a qualcuno di raggiungere un certo obiettivo. Il fine di tale estrazione e formalizzazione di modelli è quello di poterne apprenderne l'uso pratico e trasmetterne la formula operativa anche ad altre persone. Ciò consentirebbe di replicare, all'occorrenza, le strategie che si sono rivelate più efficaci in determinati contesti.

Reframing: l'azione d'inquadrare qualcosa in una nuova cornice percettiva in modo da cambiarne il significato. Il termine viene spesso tradotto come "ristrutturazione" e assume diverse accezioni a seconda dei casi: può trattarsi sia di un cambiamento di punto di vista, sia di una riformulazione verbale, sia di un cambiamento di reazioni cinestetiche in relazione ad eventi o situazioni vissute. Tale ristrutturazione può inoltre riguardare sia uno slittamento semantico (quando ad esempio si cambia il senso di una parola o il significato di un'affermazione), sia l'indicazione di un diverso contesto (in relazione al quale, ad esempio, si può ottenere una nuova interpretazione del significato di una frase o valutare l'efficacia di un determinato comporatmento). Le battute di spirito offrono spesso buoni esempi di reframing. Altri esempi si possono trovare nell'arte, nel linguaggio poetico e nelle formule retoriche adottate in pubblicità.

Sistema Rappresentazionale: Concetto riferibile agli elementi fondamentali a partire dai quali è lecito supporre che si formino gli schemi del comportamento umano, ovvero a quei sistemi percettivi con cui i membri della specie operano sul loro ambiente: vista, udito, cinestesi e olfatto/gusto. Il modello della programmazione neurolinguistica muove infatti dal presupposto che tutte le distinzioni che gli esseri umani sono in grado di effettuare in merito al proprio ambiente (interno ed esterno) e al proprio comportamento possano essere rappresentate vantaggiosamente nei termini di tali sistemi.

Sottomodalità: Ogni singola distinzione interna o qualità elementare relativa ad una determinata modalità percettiva, ovvero ad uno specifico canale sensoriale (vedi sopra: Sistema rappresentazionale). Ad esempio un'immagine può essere più o meno luminosa e un suono può variare in termini di tono e volume. Secondo la PNL le sottomodalità sono le componenti più semplici, all'interno di ogni modalità sensoriale, con cui il cervello ordina e codifica l'esperienza.

Squeeze Zoom: Nome del primo generatore di effetti speciali digitali inserito in un tradizionale banco di missaggio o "mixer analogico". Introdotto negli studi televisivi intorno alla fine degli anni Settanta, tale dispositivo consentiva effetti di zoom in tempo reale sullo schermo video, nonché rotazioni, moltiplicazione dei piani, frantumazione e ricomposizione dell'immagine televisiva.

Swish: Tradotto spesso in italiano con il termine "scozzata", lo swish è stato definito da Richard Bandler come "uno schema submodale altamente generativo che programma il cervello ad andare in una nuova direzione". Si tratta in sostanza di costruire una rapida sequenza di operazioni mentali basata sulle seguenti cinque fasi: 1) identificare il contesto problematico; 2) individuare l'immagine mentale che dà l'avvio al comportamento indesiderato; 3) creare l'immagine dell'esito auspicato (come ci si vedrebbe dall'esterno se si fosse già ottenuto il cambiamento voluto); 4) produrre una sorta di effetto speciale di transizione, velocemente ripetuto più volte (proprio come una raffica di "sferzate visive" su uno schermo TV) tra le due immagini così ottenute; 5) verificare, infine, se si è effettivamente instaurato, nello stesso contesto che prima innescava il riflesso indesiderato, un automatismo mentale in grado di orientare il cervello in una nuova direzione (ritenuta, per qualche motivo, più vantaggiosa).

Timeline: In PNL il concetto di "linea del tempo" è usato in riferimento alla nostra esperienza soggettiva dello sviluppo delle azioni in una successione cronologica, ovvero al modo specifico con cui ciascun soggetto traspone il vissuto temporale nel proprio spazio percettivo e simbolico, peraltro culturalmente condizionato, collocando appunto in una sorta di linea ideale gli eventi presenti, passati e futuri. La possibilità di esplicitare e "visualizzare" la propria linea del tempo è anche alla base di alcune tecniche d'intervento terapeutico. Nel campo multimediale delle applicazioni informatiche, la parola timeline definisce in genere lo schema visivo sequenziale (orizzontale, verticale o sagittale) di quelle interfacce grafiche, per lo più a forma di righello, mediante le quali l'animatore programma frame by frame una serie d'inquadrature: filmati, scene, azioni, effetti di transizioni tra le immagini. Si tratta della linea, insomma, in cui si sviluppa la coreografia di ogni evento narrato e di ogni sincronismo audiovisivo (Sequencer audio e video).

Su questo tema rinvio al mio testo "Art Gallery, guida tascabile all'ideazione multimediale", consultabile in un sito Web al seguente indirizzo:

http://digilander.libero.it/maxblanco/guidaideazione/index.htm

 

(Enrico Cocuccioni)

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