Subject: cronache fiorentine
Date: Sun, 19 Mar 2000 14:40:42 +0100

Si era fatto buio nella cappella Brancacci. Gli ultimi visitatori avevano lasciato la chiesa del Carmine. I custodi avevano chiuso le porte.
Adamo si sciolse lentamente dalla postura del suo virile abbandono del paradiso: tese le braccia, si piegò sulle gambe, ruotò il collo e riprese il controllo dei suoi movimenti. Lo stesso facevano con sommesso brusio tutti gli altri personaggi masacciani, in un frusciare di vesti e scalpicciare di calzature. Adamo però questa volta non si unì alle conversazioni che ogni sera si intrecciavano nell'oscurità della cappella. Silenziosamente, senza destare l'attenzione di Eva, che stava sbadigliando, si calò fino sul pavimento, girò rapidamente l'angolo, aprì la porta a vetri e si infilò per le scale. Sulla scala grandi vasi ospitavano la prima fioritura delle amaryllis. Conosceva la strada per una finestra del primo piano che affacciava su un terrazzo contiguo. Accanto alla finestra, in una cassapanca, erano conservati degli abiti di foggia moderna. Si vestì - era infatti ancora nudo - e aprì i battenti. Lo accolse l'aria fredda e profumata di una sera di inizio primavera. Respirò profondamente e scese in strada, nel vicolo accanto alla chiesa.

Si era fatto buio nella chiesa di Santa Felicita. La custode si alzò dal tavolino dove erano esposte le cartoline e chiuse con un pesante catenaccio la porta della chiesa. Svuotò la cassetta delle monete inserite per l'illuminazione degli affreschi del Pontormo, se le infilò in tasca e uscì dalla porta della sacrestia. L'angelo annunciante abbassò il braccio che aveva tenuto alzato per tutto il giorno e si sedette, sbadigliando, con aria assonnata. L' Annunciata, con un leggero inchino, scese dal gradino sul quale poggiava il piede destro, si tolse il velo, scosse la testa e si ravviò i lunghi capelli. L'angelo aveva poggiato la testa sulle ginocchia e si era addormentato. L'Annunciata raccolse con le mani i bordi della sua veste e in punta dei piedi, silenziosamente, si infilò in una piccola porta nella navata di destra. Una rampa di ripidi gradini saliva nel corridoio Vasariano che dalla galleria degli Uffizi raggiungeva palazzo Pitti. Lo percorse per qualche decina di metri, poi, dietro una statua, una scala a chiocciola la portò direttamente nella sacrestia da dove era uscira la custode. Aprì l'armadio dei paramenti sacri e si cambiò d'abito: tolse la lunga veste colore del'arancio e indossò degli abiti neri. Una lunga sciarpa grigia faceva risaltare la bianca luminosità della sua pella. In uno specchio incontrò il suo sguardo e si sorrise con una punta di civetteria. Uscì e si incamminò verso Santo Spirito.

La piazza di Santo Spirito era poco illuminata. La grande facciata chiara della chiesa restituiva però luce a un lato della piazza. Sui gradini stavano seduti gruppi di giovani. Si sentiva profumo di mariuana. Dei cani razzolavano al centro della piazza, annusandosi senza pudore. I due giunsero dagli angoli opposti della piazza: lui veniva da piazza del Carmine, lei da Palazzo Pitti.
Si guardarono arrivare e si incontrarono vicino alla fontana. Un bacio sulla guancia fu il loro reciproco saluto. Da molto tempo si incontravano e si scambiavano messaggi scritti, usando un sistema di posta affidato a esperti piccioni. Li legavano affinità di interessi e atteggiamento verso il mondo, ed una tagliente sensibilità emotiva. Da qualche tempo, però, il ritmo dei loro incontri si era fatto più intenso, e c'era tra loro una tensione emotiva inconsueta. Tutti e due sapevano, per premonizione, che quella notte qualcosa sarebbe accaduto. Si sorrisero, scambiarono parole e iniziarono a camminare. Davanti a palazzo Pitti si fermarono ad una locanda, nota in tutta Firenze per la bontà di un vino dal nome esotico, il Grechetto. Una leggera euforia li accompagnò nei primi passi verso la salita di Costa di San Giorgio.
Il forte del Belvedere, meta frequente dei loro incontri notturni, era però invaso dalle lamiere e dai ponteggi di un restauro appena iniziato. Scesero per la ripida via che costeggia le mura e sbocca ai piedi della scala verso Piazzale Michelangelo. Cominciarono di nuovo a salire. Li colpì un profumo intenso di fiori che non riuscirono a decifrare. Sul piazzale si affacciarono e guardare Firenze. Le luci di ponte Vecchio si riflettevano nell'acqua calma dell'Arno. La stanchezza avvicinava i loro corpi. Salirono ancora, fino ai prati davanti a San Miniato. Fu lì, su quel prato, quella notte che si sciolse la tensione che li accompagnava dal momento del loro incontro. Lui le accarezzò i capelli e la baciò sul collo respirando il profumo della pelle. Lei accolse l'omaggio di quel desiderio, ma non lo ricambiò. Lui dichiarò il suo amore. Lei lo accettò, ma non gli fu disponibile. Ci furono molte parole - anche, inevitabilmente, difficili da dire e da capire - e carezze e sguardi per dire tutto questo. Quella notte, sul prato di San Miniato, si parlò d'amore non corrisposto. Era quasi l'alba quando lasciarono, infreddoliti, quel prato, stringendosi in un abbraccio. Lei gli offrì la sua sciarpa. Dovevano tornare al destino dei loro personaggi, agli obblighi del loro lavoro. Tra poco l'angelo annunciante si sarebbe svegliato e avrebbe cercato con gli occhi l'Annunciata. Tra poco Eva avrebbe cercato il suo compagno e San Pietro avrebbe fatto l'appello di tutti i personaggi dell'affresco. Avevano poco tempo ormai, per quella notte. Ma vollero concedersi amcora una cioccolata calda al caffè Rivoire. Si salutarono su ponte Vecchio, guardando il fiume.

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