La Critica

Professione: Artist / Curator / Critic / Historian

di Domenico Scudero

La politica culturale nella formazione dell'arte italiana si è fermata ad Argan: in una delle sue ultime pubblicazioni stampa Giulio Carlo Argan chiedeva la formalizzazione di una riforma riguardante le Accademie. Istituzione farraginosa ancora in uso e che già alla metà degli anni Ottanta proclamava nel suo ritardo formativo tutta la sua fisionomia. Da allora nulla o poco è cambiato. Apparentemente molto si è fatto ma le migliorie, se così possono chiamarsi, hanno affrontato soltanto un aspetto tecnico.

La tecnica dell'insegnamento universitario, ad esempio, ha inglobato nel suo aprirsi alcune innovazioni nella selezione dei programmi, con una vastissima scelta che riconduce però sempre al modello tecnico-applicativo. Accademie o università si vedono costrette per assecondare i tempi ad aprirsi alle nuove tecnologie, ma questo movimento si compie attraverso la scelta della reiterazione di alcuni processi d'innovazione. Come mi ricordava Enrico Cocuccioni, l'uso di alcuni programmi di profilo professionale sono diventati materia di studio di corsi di laurea o di corsi post-laurea. Naturalmente l'utilità della conoscenza di questi programmi tecnici in ambienti professionali è una esigenza dovuta: tuttavia la stranezza di questi moduli didattici consiste nel non voler affrontare il problema relativo e teorico posto in essere dalla tecnologia applicata. In un certo modo si è applicato il metodo formalista delle accademie e delle università allo studio delle tecniche telematiche come se queste fossero una risorsa ibrida, definita e stabile. Sappiamo che non è così.

Sappiamo che parlare del peso specifico di una risorsa elettronica costituisce già di per sé il problema didattico, conseguentemente teorico. La teoria della tecnologia non è un aspetto secondario. La tecnologia digitale rispecchia se stessa solo nel preciso istante in cui avviene l'azione e questo è già un dato che andrebbe spiegato nell'ambito della formazione. Si tratta di procedure d'analisi estetica che in qualche misura devono poter essere comprese dall'individuo formalizzato alla tecnica. In un esempio pratico: aver realizzato un book fotografico in ambiente digitale non costituisce alcuna certezza che questo possa essere visionato successivamente. I suoi tempi sono estremamente brevi. L'elemento di fluttuabilità della forma viene ad essere trasformato in labilità della materia. Questa c'è, ma in una natura che solo difficilmente può essere compresa. Una comprensione che è l'essenza stessa della tecnica e dei suoi limiti.

La riforma voluta anni fa e adesso applicata senza alcuna programmazione sta di fatto riordinando lo stile: lo stile formale tecnologico medio si innalza, ma la labilità degli esperimenti è desolante. Un'alta formazione che non nasca teoricamente dalle sue basi non è possibile. L'errore d'esercizio nelle nuove strategie culturali deriva proprio dalla mancata comprensione di questo elemento basilare; la teoria come parte fondante e inversa della pratica. Nel lavoro sperimentale ho verificato la possibilità di effettuare alta formazione attraverso l'inserimento di elementi teorici di matrice estetica sin dai livelli può bassi. Sin dal primo anno di corso in Metodologie storico-critiche curatoriali l'elemento teorico risulta predominante nella convinzione che i pochi a riuscire saranno coloro che queste informazioni le avranno rielaborate alla luce delle nuove tecniche artistiche a cui si rimanda per l'alta formazione.

In questo senso non si possono fare distinzioni fra scuola d'arte applicata e scuola di teoria dell'arte, ma probabilmente, come già avviene in molte parti del mondo, la formazione basilare di artisti, storici e critici, ma aggiungerei anche registi teatrali, musicisti e scenografi, dovrà essere tendenzialmente uguale: solo nella parte professionale, ovvero nell'alta formazione specialistica, queste informazioni potranno essere deviate in settori delimitati. Le moderne tecniche di base per l'arte sono infatti comuni: alla storia e teoria dell'arte si aggiunge anche l'estetica e la teoria informatica. Solo così l'assimilazione della tecnica nella sua fase professionalizzante avrà un suo significato. E per fare un esempio, per definire la professionalità di un artista non sarà necessario che egli usi i programmi di Photoshop ma che comunque sappia come devono essere usati.

La differenza fra le sezioni della formazione artistica si delineerà sempre più in questi coefficienti relativi: lo storico avrà sempre più bisogno di conoscere alla perfezione i programmi di Database e di Word; il Curator dovrà assomigliare più ad un gestore di reti; l'artista assumerà le caratteristiche del coordinatore. In questa visuale il ruolo professionalizzante crescerà sempre di più, particolarmente per quei settori in cui la ricerca ha assunto profili impensabili sino a qualche anno fa. Avremo Curator dalla preparazione complessa e strutturata, artisti sempre più protesi allo svolgimento di un ruolo visibile; avremo storici e critici propensi alle dinamiche manageriali. Tutto questo a mio avviso avverrà anche se le forze politiche dovessero cercare di ostacolarne il cammino, a meno di battute d'arresto epocali.

Il movimento di trasmigrazione della ricerca si è oramai spinto decisamente su questo cammino testimoniale in quasi tutti i paesi europei ed americani. I solidi legami che legano la realtà dell'arte alla produzione sono evidenziati dai processi creativi in atto nel Disegno Industriale. Ma non è tutto. Il problema delle Accademie e delle Università oramai consiste nell'accanita concorrenza praticata dalle istituzioni private entrate sulla scena. In molti casi gli sviluppi di questo stanno portando alla privatizzazione di settori della ricerca e della formazione e con il conseguente ingresso di programmi razionali. Molti centri di spesa dello Stato sono già così. Questo comporterà una progressiva professionalizzazione delle figure di organizzatore d'eventi, sia in funzione creativa, sia in funzione rappresentativa. La rappresentatività dovrà necessariamente spostarsi sempre più verso il contesto funzionale, per poter essere competitiva. Quindi ancora una volta: la teoria come piedistallo della professione a venire, svolta in maniera critica, attenta al metodo ed al significato della sua metodologia.

In questo senso l'aspetto fondamentale e formativo dell'Estetica è la rapidità di giudizio che consente sui contenuti esteriori della forma: di cui se ne apprezzano pienamente i contenuti. L'Estetica rimane quindi il quadro contenutistico in cui avviene l'accadere della formazione. Il progetto di formazione dovrà indicare i processi di percezione validi, attraverso la tecnica della critica, una critica che si dipana attraverso la logica e la sua applicazione - dove appunto possono collocarsi insegnamenti pratici -. In fondo questo nuovo individuo professionalizzato risponderà ai suoi interlocutori senza il dubbio amletico che attanaglia ancora l'idea della ricerca. Il professionista, come vuole la sua fisionomia, cela il significato della disciplina che rappresenta e ne fa patrimonio: l'artista, il critico, lo storico, il curatore ne fanno ancora uno sperpero continuo.

Roma, 14 Ottobre 2004