La Critica

Da Fluxus all'estetica del videoclip

di Luisa Bianco

I videoclip rappresentano un ambito assolutamente peculiare per un approccio al media design. Realizzare questi particolari artefatti comunicativi implica saper gestire i flussi di informazione, selezionare e riuscire a coordinare in vista della produzione di un prodotto all'interno di un sistema comunicazionale di per sé complesso. Il progettista di video deve tener conto di una serie di aspetti legati alle svariate tradizioni mediali (danza, architettura, grafica e pittura) e allo stesso tempo deve essere in grado di associare scelte estetiche ad un flusso sonoro, in modo tale che il rapporto audio-video crei un prodotto "unico", capace di assumere un significato che va oltre la semplice percezione da parte dello spettatore.

Suoni, colori ed immagini devono realizzare una esperienza sinestetica.

Il video necessita di un'ampia gamma di conoscenze specifiche, ma ancora di più di una capacità di creare connessioni tra diverse aree ed ambiti esperienziali, in modo da dar vita ad un prodotto in cui si fondono arte e tecnologia. Per quanto concerne il video musicale è interessante notare come le sua evoluzione si fonda con quella della tradizione storica della Videoarte. Opere come i film di Fluxus[1] degli anni Sessanta possono essere definiti come i primi esempi di quella serie di ribaltamenti che, allora ancora in chiave altamente sperimentale, sono alla base dei video contemporanei: in primo luogo il passaggio da un cinema di narrazione ad uno fatto di visione, da una tipologia di video scissa tra la necessità di una fruizione cinematografica e di una forma di video centrata sul culto dell'attore, ad una composta di attanti, in cui oggetti e persone hanno la stessa dignità espressiva, capaci di liberarsi definitivamente dall'incombenza della parola. Quando nel 1956 l'artista americano Nam June Paik afferma che "La televisione ha aggredito ogni giorno della nostra vita, ora tocca a noi attaccare" vuole accusare il mezzo televisivo di essersi preso le "vite" delle persone, influenzando le loro scelte politiche e sociali. L'arte si doveva aprire a nuovi percorsi, che andavano oltre le tradizionali funzioni spettacolarizzanti e comunicative. Con questa affermazione Paik voleva dimostrare quanto fosse importante riuscire a creare un'opera d'arte fatta da immagini unite le une con le altre, un prodotto costituito da rallentamenti, sovrapposizioni, montaggi capaci di minare tutte le sicurezze date precedentemente dalle immagini televisive. La capacità di manipolare le immagini, da parte dei videoartisti, non ha come obiettivo finale quello di ingannare lo spettatore, anzi, mettendo in primo piano le tecniche del montaggio, i tagli e le inquadrature, viene denunciata la natura manipolatrice dei mass media, mostrando lo specifico potenziale artistico di tali tecniche, ora esplicitate nei video che partono dal presupposto che la fruizione del mezzo televisivo non è più convenzionale.

I primi video musicali non si discostavano da quella che era la performance dal vivo dell'artista. Poi, le cose sono cambiate in seguito ad esperienze e sperimentazioni nel settore comunicativo. Un primo passo in avanti si ebbe con le avanguardie del punk e con i loro principi basati sulla contaminazione di elementi e di forme artistiche. Con il passare del tempo il clip divenne una forma per sperimentare nuovi linguaggi, mantenendo viva quella negoziazione implicita tra l'audio e il video, continuando a dare la possibilità agli artisti di spaziare tra le molteplicità di forme espressive, ibridandosi con altre arti. Tra queste spicca il ruolo della danza.

La danza nasce come arte in grado di gestire il corpo ed il movimento, come forma espressiva della sua armoniosità. Tuttavia, gli standard della danza cambiano in modo evidente a seconda dell'apparato iconologico operato sul corpo e sul suo movimento. Infatti, basta pensare alle opere di Chris Cunningham o di Matthew Barney: entrambi possono essere definiti artisti della "trasfigurazione", in grado di mettere in scena un corpo formalmente perfetto, non più umano ma ridefinito e trasformato in continuazione.

Un altro spazio da cui attinge il video è il teatro. Il concetto di "scena" considerato come elemento cardine del teatro può essere ora ripreso e rielaborato a seconda del senso che gli si vuole attribuire. In Bachelorette di Bjork, Michel Gondry dà vita ad una sorta di spettacolo teatrale mutante, all'interno del quale si aprono di continuo degli squarci che permettono allo spettatore di vedere cosa c'è dietro le scene e di comprendere, facendo un parallelismo con le stesse, ciò che accade nella vita quotidiana delle persone comuni.

Anche i videogiochi influenzano la nuova arte. L'elettronica, ed in particolar modo la consolle della Atari, diventano il simbolo di una tecnologia in grado di creare valori e miti. In Kelly Watch the Stars (1998) degli Air, si assiste alla messa in video di una animazione che recupera il primo videogame della storia, il famoso tennis da giocare collegando la consolle del computer alla televisione.

Infine, non possiamo dimenticare il ruolo che ha avuto la pittura, con i suoi criteri percettivi e canoni visivi, cha hanno condizionato, seppur indirettamente, le capacità di fruizione e rappresentazione del mondo. Il videoclip ingloba ciò che potremmo definire le soluzioni spaziali, i criteri plastici e i canoni figurativi di secoli di arti pittoriche.

Con l'avvento del computer e con lo sviluppo delle tecnologie digitali ampi scenari si sono presentati dinanzi a coloro che volevano esprimere emozioni e sentimenti a pubblici differenti. L'interattività assume un valore più ampio rispetto al solo "principio di interdipendenza", fra il fruitore e l'opera, fra linguaggi differenti e fra i soggetti che si trovano a collaborare. La figura dell'artista cambia e tende a diventare un autore collettivo, in cui la creatività deve essere affiancata da competenze tecniche sempre più raffinate, e l'opera d'arte tende a trasformarsi in un laboratorio dell'esperienza. L'arte, se prima aveva il compito di dare forme al pensiero, adesso ha la possibilità di ridare pensiero alle forme inventando nuove modalità di utilizzazione in contrasto con quelle dei mass-media. [2].

I video-artisti hanno visto nell'Arte digitale uno strumento in grado di ridefinire il concetto stesso di arte e di ampliarlo con nuove sperimentazioni. Le opere digitali nascono e si sviluppano in un ambiente basato sulla simulazione del reale attraverso mezzi tecnologici. Gli oggetti che esistono sullo schermo sono frutto di creazione di ambienti virtuali, che non esistono realmente, ma che rappresentano la proiezione di ciò che è presente nell'immaginario dell'artista. Con il digitale l'opera d'arte si dematerializza, diviene sempre più concettuale, fino a risultare transitoria ed effimera, priva di tangibilità. Percepita come qualcosa che esiste in quel determinato momento e che non lascerà alcuna traccia nella storia. Ci si ritrova in una situazione in cui la tv, i filmati, le fotografie ed atri media, investono il mondo, facendo vacillare le certezze dell'esistenza di una realtà oggettiva [3].

Il video diviene momento di massima espressione, in grado di dare libero sfogo alla fantasia. In questo mondo digitale si ripensano e ridefiniscono alcuni importanti baluardi epistemologici su cui si basa la nostra visione del mondo, tra cui i concetti di realtà e di simulazione. Le nuove opere appaiono differenti da quelle realizzate in precedenza, non si espongono in musei e gallerie e non possono essere commercializzate come poteva avvenire per un quadro o una scultura. Il loro valore dipende dal significato dato dallo spettatore, dalla funzione che quel video svolge all'interno di un contesto storico-sociale definito. Il digitale attecchisce nel mondo contemporaneo, in una società basata sul "mito dell'informazione", dove la distanza tra l'uomo e la tecnologia è ridotta al minimo, anzi i due mondi si sono fusi facendo perdere senso alla realtà vera e propria. Il mondo in cui l'individuo si immerge è fatto di esperienze virtuali da lui stesso create, in cui la natura appare sempre più come una realtà estranea e distante. Il mondo dei videoclip diviene per il pubblico una nuova esperienza sensoriale, una dimensione nella quale "con-fondersi" ed immedesimarsi, per poi trasmettere sensazioni capaci di coinvolgere quanti più spettatori possibili [4].

Roma, 27 Aprile 2007


Note

[1] Il movimento Fluxus è stato influente per quanto riguarda la ricerca sul video e la musica. Tale movimento mirava alla fusione di tutte le arti, rispettando comunque la specificità del mezzo e delle sue funzioni. Abolendo la distinzione tra le categorie fisse come arti visive, musica, pittura, danza. Fluxus è un atteggiamento nei confronti della vita, un tentativo di eliminare ogni separazione tra le creazioni artistiche. Gli artisti professano l'essenza effimera casuale e quotidiana dell'intervento artistico, non più basato sull'"arte", ma costituito da un insieme di gesti.

[2] Balzola Andrea e Monteverdi Anna Maria (a cura di), Le arti multimediali digitali, Garzanti, Milano 2004, p.435

[3] Pecchinenda Gianfranco, Videogiochi e cultura della simulazione, Editori Laterza, Bari, 2003, p.48

[4] Pecchinenda Gianfranco, op.cit., Introduzione.